Recensione Magari, il film di Ginevra Elkann
Vi proponiamo la nostra recensione di Magari, film proposto sulla piattaforma digitale RaiPlay.
Film d’esordio di Ginevra Elkann, “Magari” sarebbe dovuto uscire nelle sale cinematografiche lo scorso 28 marzo. Purtroppo questo non è potuto accadere a causa dell’emergenza COVID-19. Tuttavia è stato presentato al Festival di Locarno del 2019 e in numerose altre occasioni, riscuotendo un discreto successo sia nel contesto nazionale sia all’estero.
“Magari” è una commedia romantica ambientata negli anni Ottanta e narrata attraverso il filtro di una bambina di otto anni, Alma, l’ultima di tre fratelli. Questa scelta rende la visione originale e leggera, oltre ad essere un’occasione per guardare le cose da una prospettiva diversa: pura, ingenua, non ancora disillusa dalla realtà dei fatti. Ai suoi occhi tutto appare semplice, in particolare le questioni di cuore su cui si sviluppa la storia.
La realtà dei fatti è invece molto più complessa poiché entrano in gioco il lavoro, il rancore, l’egoismo, le parole non dette. Ad essere descritto è anche il conflitto tra mondi diversi, che si declina in diverse situazioni. Lo scontro è geografico, culturale, ma anche generazionale.
Ogni personaggio riesce ad esprimere pienamente le proprie caratteristiche, senza però mai uscire dagli schemi, con il risultato che lo spettatore sa esattamente cosa aspettarsi.
Riccardo Scamarcio entra perfettamente nel clichè del padre assente e sbadato ma comunque interessato al benessere dei propri figli. Allo stesso modo Alba Rohrwacher riesce a trasmettere la tenerezza di una donna che si trova in una situazione difficile, permettendo al pubblico di affezionarsi e perdonarle anche i gesti meno etici, giustificati dalle buone intenzioni.
La narrazione è tutta rivolta verso l’analisi del concetto di famiglia, più volte ripreso dalla stessa Alma e, nel frattempo, analizzato visivamente attraverso le immagini. Queste permettono sicuramente una forte identificazione da parte di chi vive una situazione analoga. Non si tratta però di una dimensione indagata nel profondo: la narrazione si limita a compiacere le richieste di un pubblico superficiale che non ricerca un’analisi specifica.
Si tratta in conclusione di un film leggero, pacato, che ha il sapore del “già visto” e per questo risulta piacevole e tranquillizzante. Tuttavia è un film che non osa andare oltre a questo e di conseguenza tende a non decollare, concludendosi in maniera prevedibile e non lasciando possbilità di replica a chi vorrebbe andare oltre la visione e ragionare ulteriormente sul tema.
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