La Recensione di The Greatest Showman, il musical con Hugh Jackman

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Abbiamo visto The Greatest Showman, il musical diretto da Michael Grecey, ed interpretato da Hugh Jackman. Questa che segue è la nostra recensione.

Considerando le date delle uscite cinematografiche sul mercato italiano possiamo dire che il 2018 è stato, in un certo senso, l’anno dei musical. Dopo l’osannato La La Land e il campione d’incassi “made in Disney” La bella e la bestia arriva, infatti, non a caso il giorno di Natale, un altro film che parla di sogni, come la prima delle pellicole sopracitate, e di diversità, come invece la seconda. Il film in questione è The Greatest Showman. Diretto da Michael Gracey, al suo esordio alla regia di una pellicola destinata alle sale, il film racconta la vita di Phineas Taylor Barnum, noto fondatore del Barnum & Bailey Circus.

Il film, dal punto di vista visivo, è dotato di una potenza non indifferente. Le scenografie, i costumi, ma anche la fotografia sono tutti aspetti curati fino al minimo dettaglio. Ovviamente, trattandosi di un musical, le musiche hanno avuto un attenzione minuziosa in fase di realizzazione e si vede. Le canzoni, scritte da Benj Pasek e Justin Paul, già songwriters di La La Land, e le musiche composte da John Debney sono davvero di grande impatto e lavorando sinergicamente con le ammalianti coreografie riescono senza dubbio a tenere gli occhi e le orecchie dello spettatore “incollati” allo schermo. Da citare, dal punto di vista musicale, tra gli altri, “This is me”, cantata da Keala Settle e “From Now On”, la cui voce dominante è quella del mattatore Hugh Jackman.

Dal punto di vista contenutistico si potrebbe dissertare molto su The Greatest Showman. Uno dei tempi principali, ovviamente è quello dell’accettazione della diversità, del riscatto, dell’emarginazione. Da questo punto di vista, pur con qualche passaggio innegabilmente un po’ stereotipato, il film offre una bella scarica emozionale grazie ad una messa in scena in grado di trasportare lo spettatore.

Altro tema importante e, probabilmente, più complesso da analizzare in quanto inserito come sottotesto grazie al personaggio del critico James Gordon Bennett, interpretato dal Paul Sparks di House of Cards, è quello del rapporto tra realtà e finzione nell’arte, o più precisamente nella messa in scena. Cosa c’è di vero nel Circo di Barnum? Impossibile non estendere questa domanda al film di Gracey: Cosa c’è di vero in questa messa in scena della vita di un uomo che si pone al centro di un dibattito strettamente legato a quello dei Freak Shows, ossia dei cosiddetti Fenomeni da baraccone. Barnum era un imprenditore che usava il macabro a scopo di lucro oppure un uomo che ha dato una famiglia a coloro che erano stati emarginati? Il film propende nella sua messa in scena per la seconda ipotesi ma non pretende rappresentare una risposta ad un dilemma storico. Nell’universo narrativo del film Barnum è un eroe, quello che lui è stato realmente non è realtà nel film e quindi non ci è dato saperlo attraverso la pellicola.

Questa complessa struttura metanarrativa risulta frutto di una consapevole scelta registica e ancor prima di scrittura che, a parere di chi scrive, risulta vincente.

La sceneggiatura di Jenny Bicks e Bill Condon, regista del disneyano La bella e la bestia e già sceneggiatore di musical come Chicago e Dreamgirls, al netto delle tematiche esposte precedentemente risulta totalmente al servizio della messa in scena. Il personaggio di Barnum risulta, forse per ragioni correlate a ciò che abbiamo detto pocanzi, privo di una certa ambiguità nella connivenza, in un’unica persona, dell’imprenditore a caccia di rivalsa e del nobile artista. Se questa però può essere considerata una scelta contenutistica e narrativa non si può dire altrettanto per la rapidità con cui si superano, e non si attraversano, certi snodi narrativi. Alcuni passaggi, infatti, risultano troppo veloci e poco approfonditi, lasciando inevitabilmente dei vuoti nella narrazione.

Dal punto di vista attoriale possiamo dire che l’intero cast risulta in parte, con una menzione particolare per un buon Zac Efron e una bravissima Keala Settle, veterana del teatro musicale di Brodway e candidata ad un Tony Award nel 2013. Il vero Greatest Showman è però Hugh Jackman, qui veramente immenso in un ruolo che risulta perfettamente cucito su di lui. La nomination ai Golden Globes è già arrivata ed è d’obbligo, secondo il parere di chi scrive, quella agli Oscar.

In complesso possiamo dire di trovarci di fronte ad una pellicola potente visivamente e complessa contenutisticamente che risulta adatta sia a coloro che vogliono godere semplicemente di oltre due ore di divertimento sia a coloro che, invece, hanno voglia di riflettere.

Ad ogni modo, gran bel film!


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