Daybreak è la nuova serie tv prodotta – e distribuita – da Netflix dal 24 ottobre scorso. Questa è la recensione della prima stagione.
Creata da Aron Eli Coleite e Brad Peyton, la serie Daybreak è tratta dall’omonima serie a fumetti firmata da Brian Ralph. Nel cast giovanissimo spazio per Colin Ford, Alyvia Alyn Lind, Sophie Simnett e Austin Crute, con la partecipazione di Matthew Broderick.
Un’apocalisse nucleare stermina la stragrande maggioranza di persone sulla Terra, trasformando una parte dei sopravvissuti in zombie. Ad “ereditare” la Terra sono i giovani, stranamente non colpiti dagli effetti chimici dell’apocalisse. Il protagonista della serie è Josh (Colin Ford), un ragazzo da sempre solitario alla ricerca della fidanzata (Sophie Simnett). Josh dovrà divincolarsi tra le varie bande createsi nel periodo post-apocalittico.
La Recensione
Nello sterminato panorama di prodotti young adult – più o meno riusciti – Daybreak si erge come una leggera boccata d’aria fresca, e questo nonostante la mancanza di originalità nei temi narrati. Apocalisse, zombie, bande rivali che si affrontano e anti-eroe pronto a tutto per salvare la sua amata… vi ricorda qualche altra serie tv già vista in passata? Ma niente paura, perchè il nuovo show Netflix è molto più di questo.
I creatori di Daybreak, ovvero Aron Eli Coleite e Brad Peyton (noto regista di blockbusters hollywoodiani), sfruttano alla perfezione – o quasi – il materiale originale a disposizione (il fumetto), realizzando un nuovo possibile fenomeno culturale per ragazzi su Netflix, al pari “forse” di altri prodotti di successo quali Stranger Things e The Umbrella Academy. Ovviamente è presto per accostare Daybreak ai due prodotti sopracitati, ma le potenzialità sembrano esserci tutte.
La narrazione non può essere considerata lineare, troppi le interruzioni dovute al numero quasi sconsiderato di flashback, così come forse risultano troppi i momenti in cui i protagonisti sfruttano la tecnica della rottura della “quarta parete” per descrivere al meglio alcuni eventi altrimenti poco chiari. A tal proposito, un miglior dosaggio di queste due tecniche sceneggiative potrebbe rendere – in una seconda ipotetica stagione – la visione meno confusa, e forse più accattivante anche per quel pubblico meno avvezzo alle continue “fratture” narrative.
Dal punto di vista dei contenuti, Daybreak non disdegna la presenza di temi preoccupati quali il bullismo, l’accettazione delle diversità e lo sfruttamento sconsiderato delle risorse della Terra. I produttori, a tal proposito, affidano al sarcasmo dei protagonisti le loro idee, lanciando allo stesso tempo anche un messaggio di protesta importante rivolto ai giovani, ma anche a coloro che oramai non lo sono più.
La qualità espressa dal giovanissimo cast è tra le sorprese positive di questa prima sessione episodica. Colin Ford riesce a tenere discretamente il ruolo da protagonista, dimostrando un ottimo potenziale anche quando il suo personaggio rompe la quarta parete. Sophie Simnett non è solo una bella ragazza, mentre Alyvia Alyn Lind dimostra di essere uno dei punti forti dello show nonostante l’età.
In Conclusione
Daybreak non sarà la serie dell’anno, ma di certo si presenta come un’importante novità in grado di aprire un nuovo franchise televisivo degno di nota. Il finale – con tanto di cliffhanger – non può che lanciare appuntamento ai fan alla seconda stagione.
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