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Il Testimone Invisibile, la recensione del film di Stefano Mordini

Abbiamo visto Il Testimone Invisibile, film diretto da Stefano Mordini, attualmente programmato nelle sale. Questa è la nostra recensione.

Diretto da Stefano Mordini e intrepretato, tra gli altri, da Riccardo Scamarcio, Miriam Leone e Fabrizio Bentivoglio, “Il testimone invisibile” racconta la storia di Adriano, giovane imprenditore sospettato di essere l’omicida della sua amante. Per evitare il carcere il rampante uomo d’affari si rivolge all’esperta Virginia, ma c’è una problematica: quest’ultima, per poter difendere al meglio Adriano in tribunale, deve conoscere tutta la verità.

Il film, distribuito nelle sale italiane a partire dal 13 Dicembre 2018, è il remake della pellicola spagnola “Contrattempo”, diretta da Oriol Paulo e datata 2016.

Per realizzare il rifacimento del sopracitato film iberico Mordini ha scelto di ambientare la vicenda tra Milano e il Trentino Alto-Adige mentre, sotto il profilo estetico, ha optato per una fedeltà quasi morbosa all’opera di riferimento, sia per quanto riguarda la fotografia scura che per quanto concerne l’aspetto estetico legato a gran parte dei personaggi.

A prescindere però dal rapporto che lo lega alla pellicola originale, “Il testimone invisibile” si rivela come un thriller solido e asettico che ha i suoi punti di forza in un cast in parte (Scamarcio in gran spolvero) e nella costruzione dell’atmosfera. Quest’ultimo elemento, dato dalla sinergia tra la scrittura, la messa in scena e l’ottima colonna sonora, è il vero asso nella manica del film che sfrutta al meglio il fascino delle bellezze naturali del Trentino rendendo i luoghi (il lago, il bosco, le montagne innevate) protagonisti del racconto, alla pari degli stessi personaggi.

Il ritmo è incessante e, nonostante qualche fisiologica confusione nella complessa sceneggiatura, i capovolgimenti del punto di vista si susseguono innescando un gioco tra narratore e spettatore che potrebbe spingere addirittura ad una riflessione sulla potenza del cinema come strumento di narrazione. Gli aspetti meramente tecnici non fanno altro che impreziosire la cornice di un quadro studiato nei minimi dettagli.

Un’opera patinata, fredda, geometrica, raccontata attraverso una lente d’ingrandimento entomologica capace di giocare con la mente e con l’occhio dello spettatore in una maniera non comune. Da vedere assolutamente.



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