Venezia 73 – La recensione di Gli Eremiti, di Ronny Trocker (sezione Orizzonti)

Cercando di dare spazio anche alle sezioni parallele della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, oggi abbiamo visto Gli Eremiti (Die Einsiedler), diretto da Ronny Trocker e inserito all’interno della sezione Orizzonti.

La trama

Albert è cresciuto in un maso nel mezzo del nulla sulle Alpi. Ha già trent’anni ma l’influenza della madre Marianne sulla sua vita è ancora molto forte. È infatti per le pressioni della madre che, pur non volendolo, va a vivere nella valle vicina per lavorare in una cava di marmo. Marianne vuole proteggerlo dalla povertà e dalla solitudine della montagna e sarebbe disposta persino a rinunciare al loro secolare legame con il maso. Come un animale abbandonato che continua a tornare nel suo territorio, ogni volta che può Albert torna di nascosto alla sua montagna.

Quando il padre muore mentre ripara il tetto, Marianne teme che Albert lasci il lavoro alla cava e prenda il posto del padre alla fattoria. Decide quindi di non dire a nessuno della morte del marito, né ad Albert né a nessun altro, e ne seppellisce il cadavere in montagna.

Il film

Girato esclusivamente sulle montagne del Tirolo, Gli eremiti è un film che vuole raccontare il mondo dei masi alpini, un mondo che sta scomparendo restando ancorato a una tradizione che affonda le sue radici nella storia e nella difficoltà che questo mondo ha nello stare al passo col progresso che avanza.

Tutto questo, però, resta solo nelle intenzioni del regista. Sullo schermo, infatti, la vicenda di Albert e il suo rapporto con la madre non riesce a varcare la porta dell’aneddotica girando presto a vuoto. Il discorso sulla solitudine in cui vivono i genitori di Albert, in contrapposizione con il mondo sociale della cava, popolato dai lavoratori, resta in superficie e, alla fine, risulta poco approfondito.

Non aiuta lo stile del regista che privilegia lunghe inquadrature con macchina da presa quasi sempre fissa, soffermandosi sui volti dei personaggi per cercare di far affiorare quel senso di solitudine e di fragilità emotiva che, però, non traspare; e la scelta di raccontare anche una tiepida storia d’amore tra Albert e Paola appare poco felice in quanto si rivela essere un binario narrativo che mal si amalgama con tutto il resto dilungando il tutto e arrivando presto alla noia.

Il paesaggio, poi, resta sempre sullo sfondo: pur non sfociando nell’effetto cartolinesco, non riesce a diventare simbolo di freddezza interiore la qual cosa avrebbe aiutato lo spettatore a immedesimarsi nei personaggi. Peccato, perché la materia di base era interessante e le ambizioni erano alte.

Voto: 5

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