[TFF34] La recensione di Lady Macbeth, il film di William Oldroyd

In concorso al Torino Film Festival, edizione numero 34, abbiamo visto il fiammeggiante Lady Macbeth, diretto da William Oldroyd e tratto da Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nicolaj Leskov. Presentato con successo al London Film Festival, al festival del cinema di San Sebastiàn, dove ha vinto il premio Fipresci e al Toronto International Film Festival.

La giovane Katherine vive reclusa in un gelido palazzo nella campagna del Nord Inghilterra dell’Ottocento, inchiodata da un matrimonio di convenienza, evitata dal marito più vecchio e tormentata dal suocero che vuole un erede. Durante una loro assenza, Katherine si abbandona alla passione per un servo e decide freddamente di “liberarsi” di tutti.

L’opera di Oldroyd ha un fascino unico, ipnotico e abbagliante. Complici la stupenda regia che, con pochi movimenti e efficaci primi piani riesce a rendere percepibile tutto il senso di oppressione della protagonista. Complice è anche la meravigliosa fotografia che illumina la casa con luci naturali e dà al film un tocco reale, gelido, con tanto bianco ed elementi squadrati che incorniciano le persone, quasi fossero già dentro delle bare.

I protagonisti sono tutti eccellenti. Spiccano la protagonista Florence Pugh, dalla bravura abbagliante e da una voce particolarmente suadente, quasi fosse velluto. Fantastico anche lo stalliere interpretato da Cosmo Jarvis, che riesce a passare da un’aria pericolosa a quella dell’uomo innamorato in un attimo. Bravissima anche Naomi Ackie che interpreta Anna, la cameriera, in un ruolo intenso e difficilissimo. Nel cast anche Christopher Fairbank, già visto ne I guardiani della galassia  e in Alien 3.

La sceneggiatura è praticamente perfetta, senza scene inutili, dando il giusto risalto a questo o a quel personaggio, a seconda di dove va il racconto. Il film riesce ad entusiasmare e a orripilare nella stessa misura, soprattutto nell’omicidio finale, che è una delle scene di violenza più forti mai viste al cinema e che, personalmente, ho trovato difficile da guardare.

In ogni caso il lavoro di Oldroyd mostra una messa in scena e una regia da professionista navigato e ci permette di conoscere un autore interessante che sicuramente farà strada. Per chi scrive, il film ha messo una grossa ipoteca per vincere qualche premio qui al festival di Torino. Ottimo!

Voto: 8

 

Ecco a voi alcune interviste internazionali ai protagonisti:

 

 

 

 

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