Star Trek: Strange New Worlds – Recensione della prima stagione

Star Trek: Strange New Worlds - la recensione

Dal 1° novembre Paramount+ ha reso disponibile il decimo e ultimo episodio di Star Trek: Strange New Worlds, intitolato “La Natura della Clemenza“, questa la recensione dell’intera prima stagione.

Strange New Worlds, come molti sapranno, è uno spin off di Star Trek in cui vengono raccontate le gesta dell’iconico Christopher Pike al comando della USS Enterprise NCC 1701, un personaggio che vedemmo per la prima volta nel primo pilot della Serie Classica intitolato lo Zoo di Talos. La seconda e ultima volta apparve orrendamente sfigurato e completamente inabile nel doppio episodio della TOS intitolato Ammutinamento. Christopher Pike fu poi praticamente dimenticato.

Ci volle J.J. Abrams per “riesumare” il personaggio, in versione Kelvin, nel film Star Trek: Il futuro ha inizio, mentre televisivamente parlando eccolo ritornare nella seconda stagione di Star Trek: Discovery, magnificamente interpretato da Anson Mount, ben 53 anni dopo la sua ultima apparizione.

Inizialmente relegato a personaggio secondario Christopher Pike, a seguito della sua apparizione in Star Trek: Discovery, è stato finalmente rivalutato e considerato meritevole di essere esplorato, tanto da guadagnarsi un suo spin off: Strange New Worlds. La nuova serie è infatti ambientata successivamente agli accadimenti visti proprio nella seconda stagione di Discovery, siamo pertanto nell’anno 2259 (Data stellare 1738.12) quando il Capitano, in congedo presso la sua casa nel Montana, viene raggiunto dall’Ammiraglio Robert April che lo convince a tornare in servizio attivo.

Strange New Worlds è ancorato solidamente al passato di Star Trek, ovvero, per essere più precisi, alla Serie Classica che purtroppo rappresenta per Christopher Pike un tragico futuro. Un destino crudele che tormenta profondamente il suo animo.

La produzione, già prima di lanciare la nuova serie, ci aveva annunciato un ritorno al classico con un andamento episodico dello spettacolo. Promesse effettivamente mantenute. Ecco quindi rivedere le deliziose “divise colorate”, molto care ai trekker di lunga data. Il taglio registico strizza l’occhio agli anni passati, le ambientazioni sono affascinanti e gli effetti speciali sono ai massimi livelli, mentre le trame ricalcano le belle storie della Serie Classica in primis e poi di The Next Generation, spettacoli questi che sono grandi punti di riferimento del nuovo corso del franchise.

I personaggi principali sono tutti ben caratterizzati e messi sufficientemente in luce, dedicando a quasi tutti un episodio ciascuno. Ecco quindi scoprire il “passato” di Uhura sino ad ora ignoto. Veniamo finalmente a conoscenza del nome e delle origini della misteriosa quanto affascinante “Numero Uno”, viene inoltre rivelato che S’chn T’gai Spock è il nome completo del Vulcaniano più iconico dell’intera Saga.

La cosa che un po’ non ci è piaciuta è stata la scelta produttiva di non riproporre totalmente l’equipaggio visto nello “Zoo di Talos“. In effetti dei personaggi originari sono rimasti solo Spock e Numero Uno/Una Chin-Riley, mentre La’an, Erica Ortegas e Hemmer sono nuovi e Uhura, Christine Chapel e il Dott. M’Benga sono stati ripescati dall’equipaggio dell’Enterprise di James T. Kirk. Il motivo dei questa scelta è probabilmente da ricercare nella volontà degli autori di far leva sulla “saudade” dei fan più radicali, oltre a voler accostare maggiormente Strange New Worlds alle origini…

“Che stiano pensando in qualche modo ad una riproposizione nostalgica della Serie Classica, vista anche l’apparizione di un personaggio amatissimo nell’episodio conclusivo?”

“Lo scopriremo solo vivendo!”

L’andamento dell’intera stagione è stato assolutamente positivo, anche se dobbiamo segnalare qualche passo falso:

  • nel settimo episodio intitolato “Una Serena Burrasca parte del racconto viene rappresentato come un quadretto macchiettistico abbastanza puerile;
  • altro capitolo che non abbiamo apprezzato è l’ottavo, ovvero “Un regno da favola”, che sembrerebbe essere stato realizzato proprio per chiudere la sottotrama patetica in cui vediamo una bimba malata uscire ogni tanto dal buffer del teletrasporto, per ascoltare una favoletta raccontata da suo padre M’Benga . Inoltre le “rappresentazioni” in costume estremamente teatrali, viste nella TOS e in TNG, potevano andare bene in un contesto di una serie di almeno 7 stagioni e con non meno di 25 episodi, qui è stato solo uno spreco;
  • Dobbiamo inoltre segnalare un caso di “quasi plagio” in un episodio comunque gradevole, ma che si ispira troppo pesantemente ad un’altra Saga: quella di Alien. Stiamo parlando di “Tutti coloro che vagano”, dove i terribili e lenti Gorn vengono trasformati in xenomorfi. Qui i déjà vu sono molteplici e riguardano non solo le atmosfere ma anche parte delle trame viste proprio nel franchise iniziato nel 1979 con il cult di Ridley Scott.

Fortunatamente l’episodio conclusivo della stagione rialza enormemente le sorti di una spettacolo che sembrava aver perso il suo smalto iniziale, proponendoci una solida storia emotivamente coinvolgente e, nello stesso tempo, esaltante, dove Anson Mount da una prova grandiosa nel saper rappresentare l’intima sofferenza di un uomo che conosce il suo tragico destino e che, pur potendo, non vuole cambiare. Christopher Pike trasforma questa sua debolezza nel motore della sua grande integrità morale.

Star Trek: Strange New Worlds
RewievStrangeNew Worlds

Data di creazione: 2022-11-04 16:48

Valutazione dell'editor
4

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