Un obolo per la Charon è il titolo del quarto episodio di Star Trek: Discovery 2, appena rilasciato da Netflix. Vi dico la mia su questa puntata.
PUO’ CONTENERE SPOILER. Mentre continua la ricerca, a mio vedere piuttosto noiosa e poco originale, della navicella del comandante Spock, la USS Discovery viene risucchiata da una sorta di enorme entità aliena. A bordo si scatena il panico, tra malfunzionamenti del computer e virus che colpiscono membri dell’equipaggio.
L’episodio è chiaramente ispirato ad una delle tante, immense puntate che hanno reso grande Star Trek: The Next Generation, intitolata Disastro sull’Enterprise. E MENO MALE. Andando ancora una volta a copiare dai migliori, gli sceneggiatori di Star Trek: Discovery sono riusciti anche questa settimana, la terza di fila, a realizzare un episodio di alto livello, ricco di spunti ed emozioni.
Cosi come nella puntata di oltre venticinque anni fa, la nave è divisa in sezioni non comunicanti, dove gruppi di protagonisti sono costretti a risolvere problemi senza poter comunicare con il resto dell’equipaggio. E’ un espediente che aiuta a creare empatia tra i personaggi e a sviluppare la loro storia. E funziona benissimo, con Saru, vero main character dell’episodio, che attraverso il virus dal quale è colpito racconta le vicende della sua gioventù e del suo popolo. Il richiamo al tema dei migranti e dei rifugiati è chiarissimo e va bene così. Star Trek ha sempre parlato dei temi del presente, proiettandoli nella galassia.
Pur focalizzandosi principalmente sui dialoghi e sulla storia dei personaggi, tra cui anche il nuovo ingegnere Jett Reno (interpretata da Tig Notaro), l’episodio risulta vivace e mai lento. L’adrenalina sul ponte di comando e i bellissimi effetti speciali tengono lo spettatore sempre attento ed interessato.
Un obolo per la Charon è insomma un episodio molto ma molto convincente, che prosegue sulla strada tracciata dai suoi predecessori delle scorse settimane. Ispirandosi chiaramente alle tematiche e allo stile dei mitici episodi delle serie Anni Novanta di Star Trek, la seconda stagione di Discovery sta destando i vecchi appassionati come me dal sonno in cui erano caduti lo scorso anno, addormentati dalle sonnolente cantilene di Michael Burnham.