[Seeyousound 2017] La recensione del documentario The Promised Band

recensione the promised band

Il film documentario, presentato alla terza edizione del Seeyousound Festival, nella rassegna Into the groove, è diretto e interpretato da Jen Heck.

La regista americana ci racconta la storia di Lina: moglie, madre, musicista, insegnante che vive a Nablus, in Palestina. Grazie all’idea di creare un’ipotetica band al femminile, Lina incontra tre donne israeliane e, insieme, cercano di portare avanti questa utopia musicale.

Vincitore nella categoria Best Documentary del Cinequest San Jose Film Festival e presentato qui a Torino in anteprima italiana, il film è interessante e colpisce l’attenzione dello spettatore. Le vicende di queste donne che attraversano a più riprese il confine tra Palestina e Israele, sono emozionanti e ci presentano uno spaccato sociale che noi europei non dovremmo mai dimenticare.

Le ragazze che si presentano alla telecamera della Heck colpiscono per l’entusiasmo e l’emozione che emanano e trasmettono, soprattutto nella figura di Lina, donna che illumina lo schermo con tenerezza e forza, senza perdersi d’animo.

Ma guardando il film qualcosa stona. Partendo dalla bontà dell’intenzione della regista, il prezzo che fa pagare alle protagoniste per creare un’ipotetica band è molto alto e le poverine rischiano grosso attraversando a più riprese il confine, non potendolo fare. La regista, perciò, appare come una domatrice crudele in un circo che si diverte a far fare acrobazie rischiose ai poveri artisti.

Inoltre, dopo aver fatto assaggiare la libertà e l’amicizia alle ragazze, la Heck torna negli Stati Uniti, lasciando un grande vuoto tra le nuove amiche e dimostrando il forte senso di egoismo dell’autrice. Durante la proiezione ci si chiede a che pro tutta questa opera? Qual’è il senso finale che si vuole trasmettere? Possibile che la regista si sia voluta solo divertire alle spalle delle povere ragazze coinvolte nel film?

Per di più, non contenta, la Heck permea il film di un buonismo esageratamente ingenuo, come se il conflitto che imperversa in quelle terre si potesse risolvere con una bella strimpellata in compagnia. Mancava solo il girotondo finale e saremmo stati a posto.

Insomma, il senso di amaro che lascia in bocca l’opera della Heck viene mitigato dalla simpatia di Lina e delle sue nuove amiche, loro sì autentiche e ricche d’animo.

Voto: 6

Ecco il trailer del documentario:


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