[RomaFF12] La Recensione di The Place, il film di Paolo Genovese

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Ultimi flash per la Festa del Cinema di Roma che conclude le sue proiezioni con l’anteprima di un film italiano molto atteso, ovvero The Place di Paolo Genovese. Questa è la nostra recensione.

Dopo il dilagante successo di Perfetti Sconosciuti (17 milioni al box office e tanti remake in corso tra cui in Spagna, Francia e Stati Uniti) non possiamo negare che attendevamo con ansia il nuovo lavoro del regista romano.

Un misterioso uomo (Valerio Mastandrea) siede tutto il giorno al tavolino di un bar – il The Place – dove riceve a staffetta uomini e donne di tutte le età che giungono da lui con la speranza di ottenere la formula magica per realizzare i propri desideri.

Luigi (Vinicio Marchioni) spera di salvare il figlio malato di cancro, ma per farlo deve togliere la vita ad una bambina che sarà protetta da un meccanico (Rocco Papaleo) col desiderio di passare una notte folle con una bellezza da calendario. Una suora (Alba Rorwacher) vorrebbe risentire la voce di Dio e per farlo deve rimanere incinta, andando così contro i suoi voti religiosi, mentre una bellissima donna completamente insoddisfatta della sua vita matrimoniale (Vittoria Puccini) deve distruggere una stabile relazione sentimentale di una coppia di vicini. Chi sogna di diventare più bella (Silvia D’amico) e per farlo deve compiere una rapina con il suo compagno (Silvio Muccino) che vorrebbe tenere alla larga dalla sua turbolenta vita il padre poliziotto (Marco Giallini). Un cieco (Alessandro Borghi) vorrebbe ottenere la vista mentre una donna (Giulia Lazzarini) desidera solo riavere nella sua vita suo marito malato di Alzheimer per trascorrere insieme quel tempo che la malattia le ha sottratto.

Si guardano in faccia, fanno la loro richiesta e ascoltano quello che l’uomo gli propina dalla sua agenda piena di appunti, di soluzioni che spingono tutti verso azioni immorali come far esplodere una bomba, violentare una donna, ammazzare un’innocente vita. Quanto si é disposti a spingersi per ottenere ciò che si desidera. Tutto sembra possibile per l’uomo che assegna l’esecuzioni di azioni che mettono in croce la coscienza di ognuno.

Sono uomini e donne con mancanze con cui pensano di non riuscire a vivere, e chiedono disperatamente aiuto per colmare questo vuoto che le dilania. Ad assistere a questa sfilata di richieste c’è una cameriera particolare interpretata da Sabrina Ferilli, una donna che scruta l’uomo e sembra di aver capito quale sia la sua richiesta.

Paolo Genovese ci pone interrogativi a cui é impossibile sottrarci, spingendoci al limite del nostro giudizio pur di non pensare che determinate azioni siano impossibili da compiere. Ci obbliga a comprendere le scelte – difficili, talvolta – dei protagonisti, mostrandoci come già nella nostra natura siamo portati a giudicare le azioni degli altri e poco le nostre.

Un lavoro coraggioso quello intrapreso da Genovese e dalla sceneggiatrice Isabella Aguillar, un adattamento elaborato delle storie già presenti nella serie tv The Booth at the End, con le loro naturali modifiche in fase di stesura. Non é facile condensare in 102 minuti ciò che avviene in una stagione da più episodi, si ha la sensazione di rimanere in balia di una narrazione approssimativa non del tutto conclusa che confonde e sconcerta al termine della visione.

Mastandrea dimostra per l’ennesima volta la sua bravura nel saper tenere la scena pur non muovendosi dalla sedia, non comprendiamo chi rappresenti veramente, se una figura demoniaca o un giustiziere che conduce il richiedente nella propria zona d’ombra.

The Place risulta un film ambizioso, ricco di dialoghi, primi piani, con narrazione che si svolge in un unico ambiente che a tratti rischia di stancare lo spettatore, sopratutto a causa di alcune interpretazioni deboli che fanno decadere il magnetismo scenico. Anzi, probabilmente l’errore più grande é stato quello di mettere in scena troppe storie, troppi personaggi, e sviluppandone davvero bene pochi, rischiando così che non si crei abbastanza empatia con le storie e i suoi portatori.

Un’occasione mancata probabilmente, ma non vogliamo buttarla direttamente nella pattumiera, anzi apprezziamo lo sforzo di realizzare qualcosa di diverso dalla solita commedia – porto sicuro per molti registri nostrani – e siamo certi che Paolo Genovese vuole dimostrarci che può mostrarci la sua bravura su altri generi anche drammatici.

Una nota di merito la vogliamo dare alla colonna sonora composta da Maurizio Filardo che prova ad amplificare l’emotività delle immagini, inserendo lievi tensioni  senza risultare invadente. E la malinconia é rappresentata anche dal brano inserito nei titoli di coda The Place interpretato dalla intensa Marianne Mirage (scritto insieme alla band Stag e Matteo Curallo).

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