[Recensione] The Accountant, tra sparatorie e drammi familiari Ben Affleck non convince

accountant recensione

E’ appena uscito in tutte le sale italiane l’atteso The Accountant, ambizioso thriller psicologico diretto da Gavin O’Connor, autore del riuscitissimo The Warrior e interpretato da un Ben Affleck impegnato in un difficile ruolo sia d’azione che drammatico. Al suo fianco un set di attori tra i più quotati del momento come “The Punisher” Jon Bernthal e la talentuosissima star di “Tra Le Nuvole”, Anna Kendrick.

TRAMA

Quando era bambino, a Christian Wolff venne diagnosticato l’autismo. Il padre, un austero militare, invece di far seguire a lui e a suo fratello un normale percorso di riabilitazione, scarrozza i due ragazzini in tutti i posti più pericolosi del mondo, addestrandoli nelle arti marziali e in varie altre tecniche di combattimento. Oramai cresciuto, Christian è un genio matematico che, per non dare nell’occhio, lavora come contabile forense in una piccola società della periferia di Chicago. E’ un’attività di copertura del suo vero impiego:  curare segretamente le finanze di numerose organizzazioni criminali. A Christian dà la caccia Raymond King, il direttore dei crimini finanziari per il Dipartimento del Tesoro, che conosce lo con l’alias “il Contabile”. King recluta la giovane analista, Marybeth Medina, per aiutarlo a identificare e arrestare il Contabile. I soli indizi di cui King dispone sono i numerosi nomi di copertura di Christian e una registrazione di una sparatoria  in cui diversi membri della famiglia criminale Gambino vennero uccisi, crimine che King crede sia stato perpetrato dal Contabile.

La RECENSIONE

Con The Accountant il regista Gavin O’Connor e Ben Affleck hanno chiaramente cercato di mettere insieme la maestria del primo nel girare action movie e il fisico possente, oltre che la passione per i temi impegnati del secondo. Purtroppo, nonostante l’idea meritevole, il risultato è modesto. Collegare un tema complesso e delicatissimo come quello dell’autismo a purissime scene action, con sparatorie alla Rambo o alla Vin Diesel, non è di per se una follia. Il problema, in questo caso, è che la parte impegnata del film e quella più blockbuster risultano piuttosto a compartimenti stagni, senza che la trama si amalgami mai alla perfezione.

L’inizio è di una lentezza imbarazzante, con dialoghi estenuanti che fanno presagire una storia molto lenta, riflessiva, alla Million Dollar Baby e poi, ad un certo punto, si inizia a sparare in una maniera che neanche Ice Cube o Jason Statham, con tanto di mosse di arti marziali, frasi tamarre, cannoni, granate e quant’altro. Christian Wolff, il main carachter della pellicola, interpretato da Ben Affleck, è l’esatta personificazione di questa dicotomia stridente tra dramma esistenziale e action. Un contabile autistico, che è un genio matematico (un altro…) fa i calcoli alla velocità della luce, parla pochissimo, ha gesti paranoici e poi, improvvisamente, è in grado con una pistola di fare fuori dieci persone in due minuti.

E’ un’interpretazione terribilmente meccanica di un personaggio che, dobbiamo dirlo, risulta già di suo scritto male, in maniera assai innaturale, che trasmette poco sia nella parte profonda quanto in quella action. Non si capisce mai per quale motivo Wolff lavori per dei criminali, non si evince quasi mai il movente delle sue azioni, niente. Pochi attori avrebbero quindi potuto fare meglio. Inoltre non si arriva neanche lontanamente a creare una particolare empatia con i protagonisti del film, anche quelli interpretati da attori di indubbio valore come Anna Kendrick. Il suo flirt con Christian Wolff scopiazza un pò i numerosi film su persone con disturbi mentali o dell’attenzione ma, a parte qualche battuta davvero riuscita e divertentissima, non lascia nulla di profondo alla spettatore e si conclude in una maniera assai anonima.

Anche il legame tra il contabile e quello che poi si scoprirà essere suo fratello, Jon Bernthal, è gestito in una maniera assai discutibile, con un colpo di scena finale che, dopo una quantità di sparatorie degna di Die Hard, non brilla per originalità e profondità. Non c’è niente da fare, come ha brillantemente aggiunto Gabriele Niola di Wired.it, tra dialoghi da ninna nanna e pallottole: “nessuna delle due riesce ad imporsi e così, tra un silenzio e un’esplosione, tra una scena sentimentale con musica al massimo volume e piccoli sguardi intensi, il film manca totalmente di coerenza”.

Alla fine delle oltre due ore di proiezione The Accountant vi trasmetterà l’impressione di aver visto un film che non appartiene a nessun genere (ma questa non sarebbe di per se una colpa) e che, soprattutto, non riesce a lasciare il segno sotto nessun aspetto.

In Sintesi:

THE ACCOUNTANT E’ UN FILM DALLE ALTE PRETESE, UN AMBIZIOSO TENTATIVO DI MIX TRA AZIONE E TEMI IMPEGNATI CHE PERO’ NON RIESCE A LASCIARE IL SEGNO IN NESSUNO DEI DUE ASPETTI. DIALOGHI ESTENUANTI VERRANNO IMPROVVISAMENTE INTERROTTI DA BOMBE E PALLOTTOLE, MA ALL’USCITA DEL CINEMA VI RIMARRA’ BEN POCO DELL’ULTIMA FATICA DI BEN AFFLECK.

Il Nostro Verdetto 5.0


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