Recensione Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni, di Lasse Hallström e Joe Johnston

Questa è la recensione di Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni (The Nutcracker and the Four Realms), diretto da Lasse Hallström e Joe Johnston, con Mackenzie Foy, Keira Knightley, Helen Mirren e Morgan Freeman.

La giovane Clara ha perso la madre con la quale aveva un rapporto molto profondo e con la quale condivideva la passione per le invenzioni. La notte di Natale si reca, come ogni anno, alla festa organizzata dal padrino Drosselmayer. Qui, seguendo un misterioso filo d’oro alla ricerca della chiave per aprire il misterioso carillon lasciatole in eredità da sua madre, Clara finisce in un mondo fiabesco abitato da schiaccianoci viventi e da tre dei quattro reggenti che riconoscono in lei la loro principessa. La ragazza viene dunque a conoscenza che quel mondo è stato creato proprio da sua madre e che, dopo il suo abbandono, aveva causato la ribellione da parte di Madre Cicogna (reggente di uno dei Quattro Regni) contro gli altri tre regni. Clara dovrà quindi vincere le proprie paure e farsi forza col ricordo della madre per ritornare in possesso della chiave e salvare quel mondo.

Proseguendo il filone di appropriazione e re-interpretazione di fiabe in live action, la Disney ha messo in cantiere una sorta di rilettura ibrida del racconto Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi di E. T. A. Hoffman e del balletto di Čajkovskij affidando la regia allo svedese Hallström.

La produzione è quella tipica disneyana che garantisce un grande dispendio di costumi, scenografie ed effetti visivi che servono a trasportare lo spettatore in un mondo fiabesco parallelo a quello reale nel quale la fantasia diventa il motore (letterale e figurativo) della storia.

Ma la sceneggiatura di Ashleigh Powell e Simon Beaufoy, dopo una buona partenza si perde tra i troppi effetti visivi e personaggi eccentrici finanche ridicoli (quasi insopportabile la Knightley nel ruolo della Fata Confetto) che la regia di Hallström fatica a rendere simpatici, seppur funzionali al racconto, e arriva a un finale sovraccarico in cui la Mirren ruba la scena a chiunque.

Quello compiuto da Clara dovrebbe essere un percorso iniziatico al fine di elaborare un lutto e superare lo scoglio che non le permette di avere con suo padre un rapporto completo d’amore. Ma questo tema viene quasi subito accantonato per privilegiare la componente prettamente fantasy, relegando in secondo piano anche le belle musiche di Čajkovskij.

E non basta una (pur bella) citazione del capolavoro Fantasia per affermare la propria volontà di andare oltre ai canoni standard; tutto resta piatto, senza spessore mentre quelle che mancano sono le emozioni, che pure il veterano Johnston – entrato per le riprese aggiuntive e per supervisionare la post-produzione data l’impossibilità di Hallström – poteva garantire.

Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni è una bella confezione, riccamente ornata, ma vuota al suo interno.


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