[Recensione] Assassinio sull’Orient Express, di Kenneth Branagh

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Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express) è il film di Kenneth Branagh tratto dall’omonimo romanzo di Agatha Christie del 1934. Questa è la recensione.

Il cast di Assassinio sull’Orient Express comprende lo stesso Branagh con Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Daisy Ridley, Josh Gad, Penelope Crus, Judi Dench, Willem Dafoe, Derek Jacobi e Leslie Odom Jr.

Il celebre investigatore belga Hercule Poirot, dopo aver risolto un brillante caso a Gerusalemme, si trova a bordo dell’Orient Express in viaggio da Istanbul verso Calais. Sul treno viaggiano altri passeggeri tra cui il misterioso Ratchett, un viscido uomo d’affari. A causa di un’improvvisa slavina, il treno è costretto a fermarsi e Poirot scopre che Ratchett è stato ucciso. Inizia così a indagare per scoprire l’identità dell’assassino, ma durante le indagini emergeranno verità che riguarderanno tutti i passeggeri del treno.

Dopo il classico del 1974 diretto da Sidney Lumet, Branagh riporta sul grande schermo il grande romanzo della letteratura gialla di Agatha Christie. Così come il film di Lumet, che nel cast vantava attori come Sean Connery, Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Anthony Perkins, Vanessa Redgrave e Geraldine Chaplin, anche in questo caso lo stuolo di attori non poteva non essere così altisonante.

Branagh, navigato regista shakespeariano, si cala divertito nei panni di Poirot riuscendo con invidiabile bravura a dirigere un cast così variegato ed eterogeneo. E proprio sulle interpretazioni degli attori si basa questo film la cui sceneggiatura di Michael Green ricalca fedelmente il romanzo, seppur con qualche concessione: il personaggio di Greta Ohlsson (che nel film del ’74 valse l’Oscar alla Bergman) diventa qui Pilar Estravados, personaggio preso in prestito da un altro romanzo della Christie, ovvero Il Natale di Poirot.

La regia di Branagh riesce a rendere godibile una trama arcinota facendo della conoscenza pregressa dello spettatore (che sa già come andrà a finire) un valore aggiunto e riuscendo a renderlo un testimone degli eventi. Per fare questo, il regista inglese opta per uno stile di regia tradizionale, ma non per questo banale, confezionando alcune scene da vero metteur en scene; molto ben riuscita, ad esempio, è la scena in cui Poirot sale sul treno, risolta con una carrellata laterale esterna ai vagoni in cui percorriamo insieme all’investigatore l’intero convoglio vedendo ad ogni finestrino, quasi fossero singoli fotogrammi della pellicola, i passeggeri del treno.

Ma l’aspetto migliore di questa nuova versione di Assassinio sull’Orient Express è l’aggiornamento ai nostri tempi, ed è qui che risiede la maggiore libertà presa dallo sceneggiatore e dal regista rispetto alla materia di partenza: il dottor Arbuthnot è infatti un uomo di colore costretto ad affrontare i pregiudizi della gente e, alla fine, emerge una ricerca del senso di giustizia in un mondo dove la ricerca della vendetta sembra prevaricare il senso della morale, e che di questi tempi suona come un monito a gran voce.

Assassinio sull’Orient Express resta un film godibile, sia per chi conosce a menadito il romanzo sia per chi cerca un prodotto dove gli attori riescano a trovare le sfumature giuste di ogni personaggio. Un film un po’ démodé rispetto ai soliti prodotti commerciali, tradizionale nell’impianto, ma riuscito a cui si perdona qualche (inevitabile) caduta di ritmo.


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