Morto a 79 anni Bertrand Tavernier, il regista cinefilo

Se n’è andato oggi all’età di 79 anni (ne avrebbe compiuti 80 fra un mese esatto, il 25 aprile) Bertrand Tavernier, il regista che ha fatto del suo amore per il cinema la colonna portante della propria carriera dietro la macchina da presa.

Riassumere una carriera come quella di Bertrand Tavernier non è semplice, e non tanto per la quantità di film diretti – che sono comunque un cospicuo numero – ma per le idee e i pensieri che il regista ha saputo regalare al mondo e che sono stati il trait d’union di tutta la sua filmografia.

La sua carriera dietro la macchina da presa iniziò nel 1974 con L’orologiaio di Saint-Paul (tratto da un romanzo di Simenon) che fece già notare la propria personale cifra stilistica per la quale il cinema e la letteratura confluivano in un discorso unico capace di far affiorare sullo schermo le intime emozioni dell’essere umano. Il film si aggiudicò l’Orso d’argento a Berlino.

Con La morte in diretta (1980), il regista si affacciò al genere fantascientifico usato come pretesto per mostrare un’umanità allo sbando in cui una donna malata terminale accetta la proposta di un’emittente televisiva di farsi riprendere durante i suoi ultimi giorni durante una trasmissione intitolata La morte in diretta. Un film profetico che andrebbe riscoperto in un’epoca in cui tutto è mostrabile e reso disponibile a tutti.

La letteratura ha accompagnato tutta la filmografia di Tavernier, come ad esempio Colpo di spugna (1981) tratto dal romanzo noir Pop. 1280, anche se dall’ambientazione texana della pagina scritta venne trasposta nella Francia coloniale con ben altre atmosfere.

Round Midnight – A mezzanotte circa (1986) è, probabilmente, il film per il quale Tavernier viene maggiormente ricordato: un perfetto esempio di riuscito matrimonio tra immagini e musica (jazz in questo caso) che vinse – giustamente – l’Oscar per la miglior colonna sonora vinto da Herbie Hancock.

Con L’esca (1995), un lucido e sincero spaccato della gioventù europea sbandata di inizio anni Novanta alla ricerca del proprio Io, Tavernier si aggiudicò l’Orso d’oro al festival di Berlino.

Nel 2009, Tavernier si servì del thriller L’occhio del ciclone – In The Electric Mist per raccontare, ancora una volta, un’umanità ferita (le vicende si svolgono in Louisiana poco dopo il passaggio dell’Uragano Katrina) senza più una coscienza e dove anche lo spazio sembra aver perso le proprie coordinate.

Durante la 72a Mostra Internazione d’Arte Cinematografia di Venezia, a Bertrand Tavernier venne meritatamente assegnato il Leone d’oro alla carriera come coronamento di una carriera e di una vita in cui l’amore totale e incondizionato per il cinema, visto come forma d’arte a stretto contatto con la letteratura, ha sempre avuto il ruolo primario.


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