La mia famiglia a Taipei è il titolo italiano di Left Handed Girl, film diretto da Shih-Ching Tsou che ha conquistato giuria e pubblico alla Festa del Cinema di Roma, conquistando il riconoscimento come miglior film. Il film uscirà in Italia a partire dal 22 dicembre e sarà distribuito da I Wonder Pictures.
Una madre single e le sue due figlie tornano a Taipei dopo diversi anni trascorsi in campagna per aprire una bancarella in un vivace mercato notturno. Ognuna, a modo suo, dovrà adattarsi a questo nuovo ambiente per sbarcare il lunario e riuscire a mantenere l’unità familiare.
Tre generazioni di segreti familiari iniziano a svelarsi dopo che alla figlia più piccola mancina viene detto dal nonno tradizionalista di non usare mai la sua “mano diabolica”.

La nostra recensione di La mia famiglia a Taipei
La mia famiglia a Taipei è un film che non si guarda soltanto: si attraversa. È un’esperienza visiva e sensoriale che ci immerge nel cuore pulsante di Taipei, dove le ambientazioni non fanno da sfondo, ma diventano parte integrante del racconto emotivo.
La regia di Shih-Ching Tsou è precisa, silenziosa, ma anche profondamente empatica. Il regista di fatto non cerca mai il colpo di scena o l’effetto drammatico: preferisce seguire i personaggi con discrezione, lasciando che siano gli spazi a parlare. Costruisce il film come un mosaico di momenti quotidiani, dove ogni gesto, ogni sguardo, ogni angolo della città contribuisce a delineare il ritratto di una giovane protagonista in cerca di equilibrio. La sua regia è fatta di ascolto e di rispetto: non impone, non forza, ma accompagna. Una regia che si mette al servizio della storia, ma che allo stesso tempo la plasma con una visione coerente e profonda.
Nulla è narrativamente superfluo, viene lasciato spazio al silenzio e a quei piccoli gesti che in scena viene ignorato. La camera si muove con fluidità, spesso a livello strada, restituendo una prospettiva intima e umana, come se ci invitasse a camminare accanto ai personaggi, senza giudicarli
La piccola Nina Ye, nel ruolo della ragazza mancina I-Jing, è magnetica. La sua interpretazione è fatta di precisione e attenzione nelle piccole azioni: esitazioni, silenzi, movimenti impercettibili che rivelano un mondo interiore complesso. Accanto a lei, Janel Tsai nel ruolo della mamma Shu-Fen offre una performance intensa, mai sopra le righe, che trasmette con forza la fatica e la dignità di chi lotta ogni giorno per mantenere una parvenza di normalità.
La fotografia è uno degli elementi più riusciti del film. I colori saturi dei mercati notturni, le luci al neon che si riflettono sulle pozzanghere, il contrasto tra gli spazi affollati e quelli vuoti: tutto contribuisce a creare un’atmosfera sospesa, quasi onirica.
La Taipei che vediamo non è una cartolina, ma un organismo vivo, pulsante, che respira insieme ai suoi
abitanti. La città diventa un labirinto emotivo, un luogo di passaggio, di attesa, di resistenza. I vicoli, le bancarelle, i palazzi fatiscenti e i templi nascosti diventano specchi dell’anima dei personaggi.
È in questo contrasto che il film trova la sua forza.
La mia famiglia a Taipei (Left Handed Girl) è un’opera delicata, che non ha bisogno di gridare per farsi ascoltare. È un racconto di formazione che si nutre di dettagli, di atmosfere, di verità silenziose. Un film che resta addosso, come il profumo di una notte passata a camminare tra le luci di Taipei.
La mia famiglia a Taipei (2025) | Recensione del film

Regista: Shih-Ching Tsou
Data di creazione: 2025-11-02 10:50
4
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