Abbiamo visto Katla, la serie sci-fi islandese disponibile su Netflix a partire dal 17 giugno scorso. Questa la nostra recensione.
Katla è una serie originale Netflix creata da Sigurjón Kjartansson e Baltasar Kormákur. La prima stagione è composta da 8 episodi, in cabina di regia si sono avvicendati i registi Baltasar Kormákur, Börkur Sigþórsson e Thora Hilmarsdottir. Nel cast troviamo Guðrún Ýr Eyfjörð (Gríma), Íris Tanja Flygenring (Ása), Ingvar Sigurdsson (Þór), Aliette Opheim (Gunhild), Þorsteinn Bachmann (Gísli), Haraldur Stefansson (Einar), Sólveig Arnarsdóttir (Magnea), Baltasar Breki Samper (Kjartan), Birgitta Birgisdóttir (Rakel), Björn Thors (Darri), Helga Braga Jónsdóttir (Vigdís), Aldís Amah Hamilton (Eyja) e Björn Ingi Hilmarsson (Leifur). Nomi a noi nuovi, ma che in terra di Islanda godono di una buona fama.
L’eruzione del vulcano subglaciale Katla scatena eventi inquietanti e misteriosi. Dopo un anno di continua attività vulcanica, Gríma è ancora alla ricerca di Asa, sua sorella scomparsa il primo giorno dell’eruzione. Le speranze di trovare i suoi resti ogni giorno che passa si affievoliscono, ma inspiegabilmente gli abitanti di Vik, un piccolo villaggio ai piedi del vulcano, diventano testimoni di un susseguirsi di accadimenti misteriosi che sconvolgeranno le loro vite.
Iniziamo subito con il dire che la serie Katla è avvolta da un denso alone di mistero che affonda le sue radici in alcune leggende islandesi. L’atmosfera che si respira ricorda sotto molti punti di vista le opere del maestro Stephen King. A un pubblico amante della fantascienza classica, invece, alcune situazioni possono sembrare “già viste”, e questo perchè il canovaccio narrativo sembra seguire altri cult di genere, uno fra tutti L’invasione degli ultracorpi, film diretto nel 1956 da Don Siegel.
Le ambientazioni sono cupe, il grigiore predonimante del paesaggio esterno amplifica quel senso di inquietudine ben sottolineato da un ritmo sceneggiativo lento e da una regia compassata, la quale di sovente ama soffermarsi sui volti dei personaggi dai quali traspare prepotentemente una estrema sofferenza interiore. La colonna sonora, angosciante e ansiogena, riesce ad amplificare di molto il senso di inquietudine e mistero dell’intero corpus narrativo.
La sceneggiatura risulta di facile lettura e non troppo intricata, anche se diverse situazioni e alcuni tagli registici sono sembrati assolutamente surreali e necessari di un prosieguo o, comunque, di una spiegazione se non logica perlomeno plausibile. I drammi familiari sono il vero motore dello show, la narrazione è alienante, suggestiva ed efficace nell’incardinare le diverse sottotrame in cui vediamo di volta in volta emergere i vari personaggi, i quali appaiono singolarmente ben caratterizzati ed esplorati. Il cast è veramente ben assortito, le prestazioni attoriali sono tutte generalmente di buon livello.
Katla non è di certo una serie basata sui viaggi del tempo come la più criptica e complessa Dark, la show tedesco creato da Baran bo Odar e Jantje Friese, ma in alcuni momenti lo spettatore può avere la sensazione di trovarsi di fronte ad un vero e proprio tuffo nel passato con annessi paradossi temporali… un passato che diventa inspiegabilmente il presente.
In conclusione Katla è una serie che, nonostante un andamento lento, grazie ai molti colpi di scena e all’atmosfera di mistero, riesce a mantenere alto il livello di attenzione, tanto da spingere lo spettatore al Binge watching, ovvero a una immersione totale nel vedere, senza sosta, un episodio dopo l’altro.
Katla
Regista: Sigurjón Kjartansson, Baltasar Kormákur
Data di creazione: 2021-06-24 12:04
4
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Più che L’invasione degli Ultracorpi di Don Siegel ci ho visto molto il Solaris di Tarkowskij.
Katla è semplicemente la serie più bella che io abbia mai visto. E’ ricolma di simbologia e riflessioni psicologiche e filosofiche. Tratta temi estremamente difficili e dolorosi e non lo fa in modo scontato né facile da accettare, cosa che la rende abbastanza unica nel suo genere. Ha una fotografia bellissima e vederlo in islandese con i sottotitoli è sicuramente la scelta migliore perchè in nessun altro modo ci si sente così intensamente proiettati dentro al suo mondo. Se la sua lentezza, come molte recensioni sembrano sottolinearlo, costituisce un problema, il problema, a mio parere, è solo negli occhi di chi guarda. Katla ha bisogno dei suoi tempi, di far provare allo spettatore quell’esasperazione che deriva dalla difficoltà implicita nell’abitare un luogo selvaggio in cui il rapporto uomo/natura è sbilanciato nei confronti di quest’ultima. Dovrei scrivere una recensione lunghissima per esprimere tutti i sentimenti e le emozioni fortissime che questa serie ha suscitato in me. Ringrazio tutti gli artisti e produttori che hanno contribuito nella creazione di questa gemma. Non lo dimenticherò mai.
Sono d’accordo con te nel ritenere il ritmo lento di Katla un elemento di forza, infatti questo è stato il mio commento: “…il grigiore predonimante del paesaggio esterno amplifica quel senso di inquietudine ben sottolineato da un ritmo sceneggiativo lento e da una regia compassata…”
Tipica filmografia scandinava. I fenomeni concomitanti non sembrano produrre sgomento nei protagonisti, specie in Thor (Boh?) per nulla scomposto davanti agli incomprensibili eventi. Bella la fotografia, lento il ritmo. Una serie tutto sommato mediocre.