Il Riccio, Commento al film diretto da Mona Achache

Il Riccio - Film - Recensione

Per la rubrica Il Cinema Invisibile, quest’oggi vi proponiamo il nostro commento a Il Riccio, film del 2009 di Mona Achache.

Il Riccio è un film del 2009 diretto da Mona Achache tratto dal best seller di Muriel BarberyL’eleganza del riccio’: un’opera totalmente femminile per celebrare l’8 marzo.

Paloma è la tipica ragazzina “cagacazzo”: di famiglia ricca, disgusta la sua vacua realtà e non perde occasione per farlo presente. Dotata di un’intelligenza bel al di sopra della media, ha già lucidamente progettato di suicidarsi il giorno del suo dodicesimo compleanno. Nel frattempo, per lasciare una traccia di sé ai posteri, riprende spaccati di vita quotidiana con una vecchia videocamera. Renée è la portinaia del palazzo in cui vive Paloma, che presto trova un nuovo inquilino in Monsieur Ozu, un distinto signore giapponese, con cui la donna inizia una conoscenza.

Perfettamente conforme nel comportamento al suo ruolo lavorativo, Renée è segretamente una grande appassionata di letteratura. L’intrusione elegante ma decisa di Monsieur Ozu, sconvolge sia la vita di Paloma che quella di Renée, sebbene in maniera differente: la prima dovrà rivedere la sua idea sulla morte, scoprendo la caducità della vita; la seconda sarà costretta ad uscire dal nascondiglio di portinaia, un lavoro che ha sfruttato per questo scopo e da cui è stata sfruttata.

Dopo un lungo periodo di selezione, per il ruolo di Paloma l’ha spuntata Garance Le Guillermic, le cui tracce si sono perse dopo la vittoria del Premio Lumière per la migliore promessa femminile. A differenza delle altre candidate, Garance utilizzò un tono quasi a volersi scusare nel recitare la frase “Io sono intelligente”, colpendo la regista. Infatti Paloma, spavalda e sicura di sé nella dialettica, mostra la sua fragilità scappando frequentemente di casa.

Totalmente apatica, fuori da quel bunker dorato da cui sua madre non fa uscire il gatto né tanto meno entrare una portinaia, Paloma scopre il sorriso ed il pianto, in nome di una vulnerabilità che ci rende umani.

Se questo ha un senso, mi sfugge completamente

Classificazione: 3 su 5.

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