Cult Classics – La recensione di LA COLLINA DEI PAPAVERI (Goro Miyazaki -2011)

Trama: Yokohama, 1963. Umi è una ragazza di 16 anni e tutte le mattine, come le insegnato il padre, issa delle bandiere per le navi che passano con il messaggio “prego per una navigazione sicura”.

Shum è incuriosito da queste bandiere e, piano piano, i due ragazzi si conosceranno. La storia si mescola a quella della scuola frequentata dai due ragazzi e del loro tentativo di salvare l’edificio chiamato Quartier Latin.

Il nostro giudizio:

il film ha, tra i tantissimi pregi, quello di avere una trama ricca, intelligente, composta da molteplici elementi che si mescolano insieme: l’attrazione dei due ragazzi, il ricordo del padre morto in guerra e dei suoi segreti, la vita scolastica e i tentativi di salvare l’edificio decadente, tutti sapientemente mescolati creando un prodotto denso di parole, immagini, eventi e emozioni.

La ricchezza e l’intensità del plot si mescola, a sua volta, con una animazione molto dettagliata e ricca che, soprattutto nelle scene all’interno del Quartier Latin, lascia a veramente bocca aperta. Non un elemento è lasciato al caso, niente è solo abbozzato. Durante tutta la lunghezza del film si percepisce la densità della trama e del disegno ricchissimo.

Il film è anche molto tenero ed emozionante e, come ci ha abituato lo Studio Ghibli, il racconto è il punto focale di tutta l’opera. Ci si commuove e veniamo avvolti dalla tridimensionalità dei personaggi: stupefacente.

All’interno dell’opera si riesce ad avere anche una percezione dell’intensità politica e di ideali che caratterizzava gli studenti giapponesi degli anni ’60, soprattutto nella parte finale legata al tentativo di salvataggio dell’edificio e del coinvolgimento di Tokumaru, lo sponsor della scuola.

Grandissimo il successo in patria per il film, che nel 2011 è stato il terzo film più visto dell’anno, un po’ meno all’estero che, comunque, essendo un prodotto Studio Ghibli, è sempre molto amato. In Italia si è visto sporadicamente e in pochi eventi disseminati nella penisola.

Il film e la sua produzione sono stati funestati dal terremoto giapponese del 2011, ma il boss Miyazaki ha fatto di tutto per rispettare i tempi di uscita, perfino facendo continuare il lavoro degli animatori anche di notte, con l’aiuto della luce delle candele.

Cast:

il regista Goro Miyazaki è il figlio del celeberrimo Hayao Miyazaki che continua la tradizione di famiglia all’interno dello studio fondato dal padre, il famosissimo Studio Ghibli. Esploso con l’interessante I racconti di terramare, il regista si è, poi, occupato della serie Tv Sanzolku no musume Ronya, di discreta fattura.

Lo script è di sua maestà Hayao Miyazaki, che qui non si occupa della regia, ma che impone fortemente la sua impronta al film. Il racconto è bello, intenso, vibrante, non si potrebbe veramente chiedere di più. Miyazaki, come sceneggiatore, ha messo mano a quasi tutti i suoi film, mantenendo un livello qualitativo altissimo.

Presentato in anteprima nel 2011 durante il Festival Internazionale del Film di Roma e durante Lucca Comics & Games, il film ha vinto come miglior film di animazione durante i Japan Academy Awards.

La scena da incorniciare:

come molti film dello Studio Ghibli trovare una scena, in tutta questa bellezza, è veramente difficile. Ricordiamo sicuramente il primo giro di Umi nel Quartier Latin per il sense of wonder che trasmette.

Ecco il trailer del film:

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