[Cannes 70] La recensione di Sicilian Ghost Story, di Fabio Grassodonia e Antonio Piazza

Dopo aver vinto nel 2013 il Grand Pix e il Prix Révélation, i registi Fabio Grassodonia e Antonio Piazza ritornano al Festival di Cannes, inaugurando la Semain del Critique con il loro ultimo lavoro dal titolo Sicilian Ghost Story.

All’uscita da scuola Luna (Julia Jedilkowska) pedina furtivamente Giuseppe (Gaetano Fernandez), suo compagno di classe di cui é segretamente innamorata, man mano i due ragazzi si addentrano nel fitto bosco ma, all’improvviso Giuseppe scompare. Nei giorni successivi Luna non si dà pace, non crede minimamente che Giuseppe sia malato, percepisce immediatamente che gli é successo qualcosa (di grave) e tenta in tutti i modi a superare quel muro di indifferenza costruito dai suoi genitori (una ferra madre svizzera Sabine Timoteo e un rassegnato padre Vincenzo Amato), dalla sua insegnante e dalla stessa polizia locale. Lei lo sogna Giuseppe, le immagini del suo volto e il suono della sua voce sono nitide nella mente della ragazza innamorata, tanto da sembrare reali e a spingerla a cercarlo nel mondo esterno.

La storia di Luna e Giuseppe, scritta e diretta dai palermitani Fabio Grassodonia e Antonio Piazza, é ispirata (e dedicata) al giovane Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, morto strangolato e sciolto nell’acido nel 1996.

Quella a cui si assiste é una narrazione molto complessa e buia, ambienta in una Sicilia incontaminata, ben distante da quei paesaggi della trinacrea a noi noti televisivamente, ambientazioni magistralmente fotografate da Luca Bigazzi che fa largo uso di obiettivi – come il grandangolo- alimentando la minacciosità della natura incombente in cui ci si perde.

La disumanità della razza umana che in quegli anni opera nelle terre siciliane diventa parte di questa favola nera dove la crudeltà della prigionia si scontra con la delicata forza di un sentimento sincero che sta sbocciando tra i due ragazzi. Giuseppe come un giovane principe rapito dagli orchi é imprigionato nelle segrete più buie del regno mentre la sua amata Luna attraversa la pericolosa e devastante indifferenza generale e lotta con ogni arma in suo possesso, cercando di superare tortuosi ostacoli rischiando anche l’autodistruzione.

“Sicilian Ghost Story” é una storia eticamente delicata in cui gli sceneggiatori-registi si districano con abilità tecnica, eccedendo talvolta in distensioni che potrebbero a tratti innervosire la visione, volutamente carica di torpore.

Il nostro parere: 6 +

La messa in scena dei due autori – complice l’ottima fotografia di Bigazzi – sembra ripercorrere elementi stilistici a cui ci ha abituato il cinema scandinavo. Lo spettatore si trova di fronte ad un viaggio necessario guidato dalle turpe emotive della giovane e ribelle Luna che si immerge nell’oscurità che ha inglobato il suo ingenuo amico.

 

“Sicilian Ghost Story” di Fabio Grassodonia e Antonio Piazza, dopo esser stato accolto con 10 minuti di applausi alla proiezione del Festival di Cannes, arriva in contemporanea nelle sale italiane il 18 maggio  distribuito da Bim Distribuzione.

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