Abbiamo visto Alien: Romulus, il film di Fede Alvarez “interquel” dell’iconica saga il quale si inserisce cronologicamente tra la pellicola originale di Ridley Scott del 1979 e Aliens: Scontro Finale, il sequel del 1986 scritto e diretto da James Cameron. Questa è la recensione.
Alien: Romulus, al momento disponibile in streaming su Disney Plus, è stato prodotto dal creatore della Saga Ridley Scott insieme a Michael Pruss e Walter Hill, e diretto da Fede Alvarez (La casa, Man in the Dark) su una sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso regista insieme a Rodo Sayagues. Nel cast trovano spazio Cailee Spaeny, David Jonsson, Archie Renaux, Isabela Merced, Spike Fearn e Aileen Wu.
Alien: Romulus ritorna propotentemente alle origini del franchise
Il film, ambientato nell’anno 2142, segue sei giovani coloni i quali, al fine di rubare delle capsule criogeniche che permetteranno loro di poter fuggire dalla morente colonia mineraria, si introducono in una stazione spaziale abbandonata, luogo in cui pullulano i feroci e mortali xenomorfi.
Questa nuova incarnazione dell’Alien non vuole scavare nella genesi dello xenomorfo, come Ridley Scott ha tentato di fare in Prometheus e nel successivo Covenant, ma torna prepotentemente alle origini della saga inserendosi cronologicamente a cavallo tra Alien e Aliens: Scontro Finale, avvicinandosi esteticamente molto di più alla pellicola originale, replicando tutti gli ingredienti che entrano in questa formula collaudata.
Fede Alvarez, a tal proposito, utilizza un tessuto narrativo assai semplice e diretto: alcuni giovani si ritrovano in un ambiente dove devono combattere per sopravvivere contro creature il cui istinto è solamente quello di uccidere per riprodursi. Il regista costruisce così ad arte una tensione costantemente palpabile, in una ambientazione claustrofobica e tenebrosa.
Alien: Romulus, bisogna dirlo, non brilla certo per originalità, essendo inoltre abbastanza intriso di fan service, elemento comunque necessario per stuzzicare maggiormente le papille gustative del fandom, da troppo tempo orfano di quel “terrore pulsante” e del “body horror” di cui erano pregni i i due primissimi capitoli.
Tecnicamente parlando, la fotografia di Galo Olivares sa rendere omaggio alle immagini passate del franchise, dando al film una originale sfumatura cromatica oscura e, nel contempo, minacciosa. La Colonna Sonora, composta da Benjamin Wallfisch, concorre non poco nell’amplificare l’orrore cosmico e quel senso di inquietudine che pervadono costantemente tutto il film. Il CG è utilizzato al meglio: gli interni della stazione spaziale abbandonata sono abilmente costruiti, così come i minacciosi Facehugger e lo xenomorfo adulto.
La performance di Rain, la protagonista principale interpretata da Cailee Spaeny, è soddisfacente, notevole e credibile è la prestazione attoriale di David Jonsson nei panni di Andy, l’androide danneggiato “fratello adottivo” di Rain. Andy appare come un “bambino” affetto da una forma di autismo e da spasmi fisici, i cui pensieri sono fatti di schemi semplici e ripetitivi. Il suo personaggio riporta all’attenzione temi consolidati del franchise quali: cosa sia la cosa “giusta” da fare in un dato momento e cosa significa “essere umano”.
In conclusione
Alien: Romulus è un film essenziale, dall’atmosfera ansiogena e dal ritmo serrato. Pur non brillando di originalità, ripercorrendo nuovamente sentieri già battuti dai primi capitoli della saga, sa ritagliarsi una sua spiccata identità, fondendo il profondo terrore cosmico al più classico Body Horror.
Alien: Romulus | Recensione del film ora su Disney+

Regista: Fede Alvarez
Data di creazione: 2025-01-15 16:43
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